\paperw8895 \margr0\margl0 \plain \fs20 \f1 \fs24 Nella sua accezione storica lÆumanesimo rimanda a quel processo di trasformazione della cultura e dei metodi di formazione intel
lettuale che, sia pure iniziato alla fine del Trecento, ebbe nel Quattrocento il momento di maggiore espressione. I termini cronologici entro cui si suole descrivere questo processo sono stati a lungo discussi in campo storiografico: nonostante la divers
itα di opinioni, Φ ormai tesi prevalente quella che individua nellÆelaborazione di un nuovo modo di essere dellÆindividuo nel cosmo i temi peculiari di un itinerario culturale, ma anche politico, che si estende dalle corti italiane a quelle di molti paes
i europei tra la fine del 14░ secolo e gli inizi del 17░.\par
LÆumanesimo affondava le sue radici nellÆ\i humus\i0 dellÆItalia delle signorie e del mondo delle corti, ma esso presentava ora, in pieno Cinquecento, un allargamento di orizzonti e al tempo
stesso aspetti diversi dal punto di vista qualitativo. Il centro geografico era mutato, e allÆetα di Lorenzo il Magnifico si era sostituita quella di Leone X. Poco conta che ambedue i principi fossero della famiglia Medici, quel che conta Φ che lÆumanes
imo, nella sua sede ormai principale di Roma, andava sempre pi∙ perdendo quel legame con una singola cittα che prima era stato dominante. Questo legame era stato la sua forza, dandogli un grande impegno civile e creando quei suoi tipici esponenti che era
no stati i cancellieri umanisti della repubblica fiorentina, da Coluccio Salutati a Leonardo Bruni; ma, a lungo andare, poteva divenire anche il suo limite intrinseco.\par
Roma, cittα che nelle piccole dimensioni urbane dellÆItalia del tempo giα si dist
ingueva con i suoi quasi centomila abitanti, rivel≥ una capacitα non indifferente di aggregazione, che fin∞ con lÆeliminare quanto di limite regionalistico poteva esservi, a seconda della loro provenienza, nei letterati, negli artisti, negli scrittori de
l Rinascimento, favorendo, al contrario, lÆaffermazione di una vita di corte. Tutti, o quasi tutti, passarono attraverso Roma: da Ludovico Ariosto, in cerca di pensioni dallÆappena eletto Leone X, a Baldassarre Castiglione, che risiedeva presso la Santa
Sede in qualitα di ambasciatore del duca dÆUrbino; da Pietro Bembo, segretario di Leone X dal 1512 al 1520, a quel grande gruppo di architetti, scultori e pittori che rinnovarono il volto della cittα.\par
Nello scenario politico che si era venuto creand
o con lÆarrivo dei Francesi in Italia non cÆera cittα-stato, corte principesca, per quanto piccola, che non risentisse della politica e delle conflittualitα delle due grandi monarchie europee: era una necessitα vitale scrutare cosa si preparava nei consi
gli dÆoltralpe, accaparrarsi il favore del re di Francia o di quello di Spagna o dellÆimperatore; ma anche sotto questo aspetto (con la sola eccezione, forse, di Venezia) nessuna di queste cittα poteva competere con Roma sia come osservatorio aperto sull
ÆEuropa, sia come uno dei centri nei quali si annodavano le fila della grande politica internazionale. Bisogna non dimenticare questa realtα europea posta allÆesame degli Italiani per poter intendere come la storiografia, chiusa entro lÆorizzonte comunal
e-signorile, potesse in s∞ breve volgere di tempo passare da Flavio Biondo, da Leonardo Bruni o da Poggio Bracciolini alla posizione nuova di Niccol≥ Machiavelli e di Francesco Guicciardini; due storici che, pur facendo storia di Firenze o dÆItalia, si s
pingevano ora a indagare lÆorigine degli imperi ora a legare avvenimenti con virt∙ e fortuna, giungendo tuttavia a identificare con la fortuna i condizionamenti posti dal gioco delle grandi monarchie europee alla situazione italiana.\par
Altra caratteri
stica del Rinascimento cinquecentesco Φ la tendenza sempre pi∙ forte verso quellÆatteggiamento, disposizione dÆanimo prima ancora che scelta ideologica, che sarα poi indicato con il termine di ôcosmopolitismoö. Due osservazioni si impongono al riguardo:
la prima, riscontrabile negli scritti di Machiavelli, delinea una funzione tutta cittadina dellÆintellettuale; se di cosmopolitismo pu≥ parlarsi, si tratterα (almeno sino alla battaglia di Pavia e al congresso di Bologna) di un cosmopolitismo del quale l
a ôpatriaö fiorentina o veneziana o romana Φ parte integrante e attiva. ╚ questa stessa tendenza ideale a dare un significato profondo agli sterili sforzi e popolari e oligarchici della Firenze savonaroliana e soderiniana contro le restaurazioni medicee.
Solo quando il ôsistemaö sarα crollato e sullÆItalia si sarα esteso il predominio di Carlo V e di Filippo II, questo cosmopolitismo si identificherα con lÆevasione di letterati dalla realtα del tempo; nei primi decenni del secolo 16░, seppure giα con la
sensazione di una incipiente decadenza, gli umanisti risentono ancora dellÆinflusso di Coluccio Salutati e di Leonardo Bruni.\par
La seconda osservazione da fare Φ che quel cosmopolitismo indica la grande mobilitα degli uomini di lettere in molte realt
α europee: in Inghilterra, in Francia, in Spagna essi divengono interlocutori assai ascoltati, intellettuali capaci di incidere profondamente nella cultura e nei dibattiti politici dei luoghi che li ospitano. Nascono da questi presupposti lÆ\i Anglica Hi
storia\i0 di Polidoro Virgilio, lÆopera di Paolo Emilio da Verona per la storia di Francia, quella di Pietro Martire dÆAnghiera sulla scoperta del nuovo mondo. A questo flusso che parte dallÆItalia bisogna aggiungere la corrente inversa, il grande numer
o di viaggiatori che giungono in Italia e ritornano poi in patria con un bagaglio culturale che darα i suoi frutti. Ha inizio cos∞ quella storia degli Italiani fuori dal proprio paese, che Φ radicalmente diversa dallÆespansione genovese o veneziana dei s
ecoli medievali o dai viaggi della famiglia Polo, e che mantiene un carattere omogeneo sino alla profonda cesura in essa operata dalla Rivoluzione francese e dallÆesperienza risorgimentale.\par
AllÆaffermazione di un umanesimo italiano non corrispose pe
r≥ una reale trasformazione delle differenti realtα economiche della penisola: la concorrenza di paesi come la Spagna, lÆInghilterra, le Fiandre and≥ sempre pi∙ intensificandosi, e non pass≥ molto tempo che le prestigiose manifatture dellÆItalia medieval
e subissero una contrazione o per effetto della concorrenza dei prodotti provenienti dallÆestero, come la lana, un tempo spina dorsale dellÆeconomia di non pochi nostri comuni e ora vittima di un processo di lenta quanto inarrestabile decadenza, o per i
rischi e la passivitα conseguenti a una loro trasformazione in centri produttivi di manufatti del tutto diversi. La banca era sempre al primo posto nellÆeconomia italiana, anzi il dinamismo che in questi decenni pervase le grandi potenze europee cre≥ sem
pre maggiori possibilitα di sviluppo e dÆincremento: se Venezia perse lÆOriente, Genova conquist≥ lÆOccidente, e i suoi banchieri, i suoi manifatturieri, i suoi armatori sÆinsediarono fin nella lontana Andalusia (notevole fu la penetrazione di Genovesi e
anche di Veneziani nel territorio dellÆex regno moro di Granada, unito alla Spagna cattolica nel 1492), e almeno sino ai tempi di Filippo IV e del conte-duca dÆOlivares saranno i principali finanzieri del re di Spagna; ma la banca si legava sempre di pi
∙ alla vita politica, diventando attraverso il debito pubblico padrona e nello stesso tempo succube dei monarchi europei, che non rare volte ne falcidiavano i profitti con svalutazioni monetarie e con bancarotte vere e proprie.
